Esercizi

Donatello Santarone

Carissimo Velio,

ho letto la tua lucida e amara riflessione. Sono questi i tempi. Testimoniare e resistere? Forse sì. Sappiamo che è importante parlare ai pochi giovani che ci ascoltano nelle aule della scuola e dell'università. Sappiamo che è importante scrivere e studiare. Ma vorremmo fare anche altro.

Mi viene da ripetere il pensiero di un maestro nostro, Antonio Gramsci, che dall'atonia e dalla solitudine di un carcere pugliese parlò di "pessimismo della ragione e ottimismo della volontà". Ti abbraccio

8 aprile 2014

Edio Sensi


Caro Velio,

dopo aver letto la tua, mi sento consolato dal fatto che la condivisione di quello che pensi mi porti verso uno stato di pacificazione con quella categoria dello spirito sociale, la riflessione, che per fortuna continua a vivere in qualcuno con cui ci sentiamo apparentati e quindi meno soli e propensi a considerarci un genere in estinzione.

Aggiungerei, a quello che così chiaramente fai intendere, la smisurata proporzione dell'ego di ognuno di noi che non ci porta a considerare "l'altro" se non un mezzo per i nostri fini utilitaristici, di fatto cancellando quel concetto di umanità che dovrebbe essere la nostra caratteristica più significativa. A sentirci e confrontarci e consolarci presto.

10 aprile 2014

 

Roberto Bongini

Se l'esca traveste i fatti

Lo Zeitgeist appare con uno stile proprio per ogni epoca.  Nel nostro tempo questo stile è l'esca che traveste i fatti perché sembrino originali e attraenti,  carichi di tutta quella seduzione che ogni novità promette.  Tuttavia se osserviamo oltre il velo della parvenza,  la realtà si manifesta attraverso un groviglio di segni che la fanno apparire faticosamente conciliata da una risultante di forze contrapposte. Il mondo appare pacificato e condannato a una contingenza assoluta costruita su assiologie prive di sfumature, che si offrono con tutto il loro carico di benevolenza maligna.  Come in una captatio da imbonitore, confondono il banale con il semplice, la rigidità con il rigore,  l'eccesso con la profondità,  la furbizia con l'intelligenza,  la volgarità con l'anticonformismo,  l'immediatezza con la rapidità,  ecc. Sulla  linea di questo  orizzonte della mediocrità,  il senso dei nostri pensieri sembra appiattirsi su tutto quello che asseconda e rinforza qualsiasi rappresentazione stereotipata della realtà.  Il messaggio della famigliola dalla felicità inossidabile degli spot pubblicitari rinforza nel ricevente lo stereotipo di una famiglia facilmente immaginabile,  ne segue che questa esperienza non può accrescere la complessità dei possibili  sensi in cui può  offrirsi quel pezzo di realtà. Si potrebbe affermare che esso sia una svendita ai saldi della idea platonica di famiglia felice. 

La forma di quella rappresentazione non deve turbare lo status quo dei significati possibili dei vissuti attesi.  La forma è la possibilità della struttura,  ma ora condannata all'immediatezza deve, per così dire, pietrificarsi una volta per tutte.  Analogamente lo spettacolo dell'ostentazione volgare e violenta della ricchezza può e deve confondere la realtà con la sua rappresentazione. Il segno è diventato intransitivo,  la sua grammatica è stata pervertita. Non può rappresentare la realtà perché è la realtà stessa che si rappresenta autoreferenzialmente.  Il significante è la stessa sostanza del denotato. È avvenuta un'involuzione  ontologica: il luogo dell'essere viene invaso dalla sua rappresentazione, il segno anulla la propria dinamicità dissolvendosi nella relazione di referenzialità col niente.

18 aprile 2014