La memoria delle piante è un romanzo polifonico, procede per accumulo attraverso i secoli, narra i giorni e le opere di un'umanità che soffre e non si rassegna all'anonimato, allo sfruttamento del lavoro e alle sconfitte sociali, ma può, nel muto trascorrere delle generazioni, ritrovare la memoria e il senso della propria consapevolezza.

Uomini e bestie hanno un comune destino, si muovono nella terra con le piante e i colori, i suoni, i profumi delle stagioni, su cui si affaccia l’oscura minaccia delle rovine ecologiche.

La voce narrante, allora, sprofonda nelle epoche, si fa storia corale di tante storie, in un pluristilismo accentuato che va da presenze liriche a dialoghi serrati, alla complessità della meditazione, con neologismi, arcaismi, dialettismi, richiami letterari, per far risuonare l’eco delle classi subalterne di ogni tempo.

 

Una scrittura che nasce dall'allarme del presente, dando vita a racconti, figure, meditazioni.

Ogni fuga rinnova la sua energia contro le ottusità, le violenze, gli smarrimenti dell’oggi, in vista di un orizzonte di senso del sé e del mondo da riconquistare, sempre muovendo dalla concretezza dura dell'esistenza.

In primo piano sono le amicizie, l'impegno civile e intellettuale, l'insegnamento, l'amata letteratura, la comunicazione, il paesaggio, il lavoro manuale.
La forma dell’opera e lo stile invitano alla riflessione filosofica, morale, linguistica, estetica.

PROPOSITI E INVITO

È l’accordo degli strumenti che fa il concerto, come solo dall’unione nasce la forza. Ma so bene che il male forse non minore del nostro tempo triste è la mancanza d’ascolto, spesso vissuta sotto forma di presunzione della parola, parossismo della parola. Ma da dove nascerebbe l’esibizione del corpo, l’autolesionismo disperato sia di chi annienta la propria matericità, sia di chi la sacrifica ai canoni presunti del bel corpo, se non dalla convinzione definitiva che la propria parola non vale nulla e che nessuno ha più orecchie per lui. Quando le parole si svuotano, rimane il grido. Ma l’unica differenza tra le grida è lo sforzo con cui si lanciano e una volta raggiunto il grado più alto, rimane solo il gesto muto, senza luce.
Fosse solo questione d’insipienza, ci si potrebbe rimettere nelle mani dei saggi di Platone. È invece una condizione materiale che accomuna l’umanità, globalizzata dalla medesima formazione economica. In ogni area del mondo si assiste, in forme specifiche, al medesimo doppio movimento ossimorico, prima ancora che contraddittorio: sempre più persone sanno e prendono parola, ma il sasso alzato ricade sulle loro teste, non ha eco, non propaga, non accumula come l’onda nel mare. C’è chi con forti ragioni ha osservato che movimenti anche forti, radicati, protratti nel tempo vivono e agiscono come fossero soli al mondo; magari cercano e talora trovano altri gruppi fratelli ma si fermano al gradino dell’addizione, non sanno vedere le cause comuni, le connessioni profonde. Fatto davvero paradossale perché oggi più che mai intuiamo che l’umanità soggiace a un unico dominio, a un’unica logica. Sento ancora feconde le pagine del Manifesto del 1848, là dove si esalta la forza sovvertitrice del capitalismo che tutto mette in moto e travolge: basta guardare le rivolte dei milioni di scaraventati ai margini nei quattro angoli del mondo nell’ultimo decennio, per trovarne conferma. Eppure quei rivoltosi quanto più analfabeti sono rispetto ai loro padri, quanto più ‘popolo’ e persino plebe si mostrano.
Allora, nel tumulto e nella disperazione rassegnata che ci trasporta, ha senso la ricerca modesta ma assidua della coerenza umanamente possibile tra parola e gesto. Ha senso il colloquio diretto e verificabile. Ha senso “la flemma de studià”, l’ascolto pacato, la meditazione paziente. Ha senso indagare la mediazione tra le cose per trovare quella tra le persone, cercare nel futuro sperato, voluto il senso del nostro passato, la direzione del nostro presente.
Questo blog, che per forza subìta parla molto di me, vorrebbe farlo per quell’onesta necessità di comprendere chi ci parla. Da questo angolo, con questo scoprire le carte cerco prima di tutto di distinguere il rumore che mi circonda, apparecchio una sosta, chiedo un colloquio.